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BIOGRAFIA DI ALESSANDRO SCOTTI

 

Nato nel 1889 a Montegrosso d'Asti, valoroso ufficiale degli alpini nella prima guerra mondiale, animatore, con il fratello Giacomo, delle agitazioni contro la tassa sul vino nel 1919-1920, uno dei fondatori del Partito dei Contadini  (1921), organizzatore delle squadre rurali di Costigliole durante ha Resistenza, deputato alla Costituente (1946-1948) e nelle prime due legislature repubblicane (1948-1953 e 1953-1958), sempre nelle file del Partito dei contadini, la biografia di Sandro Scotti si presta ad una duplice, simultanea chiave di lettura: da un lato, la continuità di un mondo rurale quasi immobile, affondato nella quotidianità della sua "piccola storia", dall'altro le brusche impennate della "grande storia" (la prima guerra mondiale, il Fascismo, la Resistenza, la ricostruzione, il centrismo) che forzano i destini individuali, li scuotono, li piegano alle esigenze della mobilitazione collettiva, spingono in qualche modo ad un protagonismo che è dei singoli individui come delle grandi masse.

Ripercorrere la biografia di Scotti obbliga, inoltre, a confrontarsi con la sua contemporanea presenza in due diverse e complementari dimensioni della "ruralità", quelle da lui vissute come un "organizzatore contadino" della gioventù e come "il profeta contadino" della vecchiaia. Due aspetti che si intrecciano continuamente nella sua personalità; senza un'analisi approfondita del Partito dei Contadini, della sua base sociale del particolare modo di atteggiarsi al suo interno del rapporto base/vertice, della congruenza tra scelte politiche impianto ideologico e i valori di una lunga tradizione culturale, sarebbe impossibile parlare di Scotti. E viceversa. 

Profondamente calato nella realtà sociale della propria comunità di origine (le campagne astigiane), egli, tuttavia, non esaurisce il proprio ruolo e le proprie funzioni in quell'ambito esclusivo, collocandosi - grazie a tre successivi mandati parlamentari - in una zona di confine, espressione di una elite locale, legittimata direttamente nel sociale e con una investitura politica che appare solo la sanzione di una preesistente legittimazione, chiamata a mediare tra le istanze di autonomia della propria "base" contadina e gli interventi centralizzatori ed esterni dello Stato e del mercato. Un mediatore, nel senso antropologico del termine, ma con una sua specificità umana ed individuale che non si lascia appiattire in nessuna categoria astrattamente definitoria.

Dal mediatore tradizionale, abituato a "trasformare gli influssi e gli interventi esterni, adattandoli ai valori locali e a controllare e indirizzare i mutamenti all'interno della comunità", lo distingue ha propria indisponibilità a connotare il proprio ruolo con aspetti repressivi, la sua tendenza a "proteggere" la comunità, piuttosto che a integrarla, la direzione complessivamente dal basso verso l'alto impressa alla propria opera di mediazione, attenta più alla trasposizione dei valori locali sul piano nazionale che non al contrario.

E' comunque in questa duplicità che bisogna indagare per una compiuta collocazione storiografica della sua figura. La sua attività parlamentare e il suo ruolo di organizzatore locale, i rapporti di volta in volta dialettici e conflittuali con i sistemi di potere politico nazionali (il fascismo prima, la DC dopo) del suo Partito dei Contadini, gli aspetti sociali ed economici più rilevanti delle campagne astigiane che furono lo "scenario" della sua iniziativa, il suo coinvolgimento nelle strutture solidaristiche (famiglia, vicinato, parentela) della propria comunità, sono, in questo senso, i temi privilegiati della ricerca.

 

 

* Tratto da: "Alessandro Scotti e il partito dei contadini" di Giovanni De Luna - in "Cronache piemontesi" n. 16/1984.

Pagina aggiornata il 07/03/2023

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